In un paese dove spesso basta un commento per scatenare discussioni infinite, i profili fake diventano terreno di scontro… ma anche uno strumento curioso di libertà.
Profili fake a Campobello di Licata: fenomeno in crescita. Sono solo fastidio o un modo per dire la propria senza paura?
A Campobello di Licata i profili fake sono diventati un piccolo mistero di paese: c’è chi li odia e chi li difende, chi li considera fonte di zizzania e chi, invece, li vede come l’unico modo per esprimersi liberamente senza rischiare di finire al centro delle polemiche.
Del resto, basta guardarsi attorno: quante volte un commento o un’opinione hanno acceso discussioni nei bar, nelle piazze o – peggio ancora – sui social? In un clima così teso, c’è chi preferisce indossare una “maschera digitale” e parlare dietro un nickname.
Certo, il rischio è che il fake venga usato per esagerare, provocare o insultare. Ma non si può negare che, per molti, rappresenti anche una sorta di valvola di sfogo: un modo per partecipare al dibattito locale senza esporsi troppo.
La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: i fake non sono né eroi né nemici pubblici, ma lo specchio di un paese dove il confronto è vivo, acceso e a volte esasperato. Forse la vera sfida non è “eliminarli”, ma creare spazi più sereni e inclusivi, dove ogni cittadino possa dire la sua a viso aperto, senza paura di essere travolto dalle polemiche.
In un contesto politico dove il dibattito rischia spesso di trasformarsi in scontro personale, molti ricorrono a profili anonimi per esprimersi liberamente. Una scelta discutibile, certo, ma che fotografa bene il clima di timore e autocensura che si respira.
Intanto, i profili fake restano lì: fastidiosi per alcuni, liberatori per altri. Ma una cosa è certa: impossibile ignorarli.