Spari con i Kalashnikov ad Agrigento e Porto Empedocle: i clan mafiosi seminano il terrore

Colpi di Kalashnikov contro panificio e fruttivendolo: così i clan di Agrigento e Porto Empedocle impongono le loro “leggi”

Due città sotto assedio. Armi da guerra in pieno centro abitato. Raffiche contro negozi e abitazioni. E ora lo Stato risponde.

Negli ultimi sei mesi, Agrigento e Porto Empedocle sono state teatro di una vera e propria escalation criminale, segnata da azioni intimidatorie violente e sistematiche che hanno riportato la paura tra i cittadini. Un clima di terrore costruito a colpi di arma da guerra, dietro il quale – secondo la Direzione Distrettuale Antimafia – si nasconde la nuova alleanza fra i clan di Villaseta e Porto Empedocle.


Due attentati e un solo messaggio: comandiamo noi

L’inchiesta – coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Sergio Demontis e dai sostituti Camilleri, Righi e Bettiol – ha ricostruito due episodi chiave. Due attacchi a colpi di Kalašnikov, avvenuti il 15 dicembre 2024 e il 18 giugno 2025, che avevano l’obiettivo di imporre la supremazia mafiosa sul territorio.


Attentato al negozio di frutta ad Agrigento

Il primo episodio risale alla notte del 15 dicembre scorso, quando un negozio di frutta e verdura, situato nei pressi dello stadio Esseneto di Agrigento, è stato colpito da circa cinquanta colpi di mitragliatrice. Il messaggio era chiaro: punire e intimidire.

Secondo le indagini, l’attacco sarebbe stato motivato dalla volontà del titolare del negozio – con precedenti – di gestire in proprio un giro di droga, senza autorizzazione delle cosche. L’alleanza tra i clan avrebbe così deciso di colpire in maniera dimostrativa. Le telecamere hanno ripreso moto, auto staffetta e l'intera azione, consentendo agli inquirenti di risalire ai responsabili.


Attentato al panificio a Porto Empedocle

Il secondo episodio è avvenuto il 18 giugno. Questa volta a finire nel mirino è stato un panificio-gastronomia di Porto Empedocle. Anche qui, stessa dinamica: un commando in moto, raffiche di Kalašnikov, oltre trenta proiettili esplosi.

Ma l’azione ha sfiorato la strage. Alcuni proiettili hanno colpito una palazzina abitata: almeno tre si sono conficcati nella parete esterna, a pochi centimetri dalle finestre. Solo l’isolamento termico dell’edificio ha evitato il peggio. Anche in questo caso, le immagini di videosorveglianza e le intercettazioni hanno permesso di identificare i presunti esecutori, già attenzionati nell’ambito dell’indagine più ampia.


La risposta dello Stato: 60 arresti in sei mesi

Questi attentati rappresentano soltanto la punta dell’iceberg di una strategia mafiosa più ampia. I clan, dopo anni di rivalità, avrebbero stretto un patto: spartizione delle piazze di spaccio, cassa comune, uso condiviso di armi e uomini. Il tutto nel tentativo di ristabilire una presenza “militare” sul territorio.

La reazione dello Stato non si è fatta attendere. In soli sei mesi, i carabinieri di Agrigento – sotto la direzione della DDA – hanno arrestato oltre 60 persone in tre ondate, smantellando le strutture operative e sequestrando ingenti quantità di armi, denaro e droga.

A settembre, il maxi-processo contro 54 imputati entrerà nel vivo con l’udienza preliminare. Ma intanto, l’ultimo blitz ha portato a 14 nuovi fermi per traffico di droga, estorsione e attentati con metodo mafioso.


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