Un tempo San Giovanni era il cuore della comunità di Campobello di Licata. Oggi, invece, qualcosa sembra cambiato. Ma la voce dei cittadini racconta un legame che ancora resiste. Una riflessione sulle nostre radici e sul valore delle tradizioni.
C’è chi ricorda l’alba tra i botti, chi le bancarelle, chi la musica che univa il paese.
San Giovanni Battista, Patrono di Campobello di Licata, un tempo era celebrato con gioia collettiva, tra fede e festa popolare. Oggi, però, qualcosa sembra essersi perso.
Questa riflessione nasce ascoltando la voce autentica dei cittadini di Campobello, raccolta attraverso i commenti pubblici condivisi sui social nel giorno dedicato al Santo Patrono. Non un’inchiesta, né una denuncia, ma un tentativo di dare forma a un sentimento diffuso: la nostalgia per una tradizione che rischia di sbiadire.
Una festa che univa: i ricordi della comunità
Per molti, il 24 giugno era il giorno più atteso dell’anno.
All’alba, i colpi di mortaretti annunciavano che “non era un giorno qualunque”. La banda musicale attraversava i quartieri, i bambini correvano incuriositi tra le bancarelle, l’aria profumava di festa.
La celebrazione religiosa si intrecciava con la convivialità popolare: la processione, i fuochi d’artificio, la folla in chiesa e lungo le strade.
Era la festa del paese. Di tutti.
Oggi: un silenzio che fa rumore
Nel presente, però, qualcosa sembra essere cambiato.
Molti cittadini hanno espresso un senso di vuoto. La festa si percepisce solo per la chiusura di uffici o ambulatori, mentre la processione passa quasi inosservata.
Un commento recita: “Sembra un giorno come tanti. Eppure è San Giovanni.”
È un sentimento condiviso, fatto di malinconia ma anche di consapevolezza. Alcuni puntano il dito sul disinteresse delle nuove generazioni, altri su una società che ha smesso di sentirsi comunità.
Le radici culturali e religiose sembrano affievolirsi, strette tra il progresso e l’individualismo. Ma la memoria, quella sì, resta viva.
La responsabilità di tramandare
C’è chi ammette: “Anche noi adulti abbiamo smesso di trasmettere l’importanza di queste tradizioni.”
Ed è qui che nasce la riflessione più profonda: quanto valore diamo ancora al nostro patrimonio immateriale?
La festa del Patrono non è solo un rito religioso. È una traccia identitaria, una forma di educazione comunitaria, un modo per sentirsi parte di una storia collettiva.
Non si tratta solo di rimpiangere il passato, ma di riscoprire il senso di certe celebrazioni.
Non tutto è perduto: la speranza nei cuori
Eppure, tra i commenti e le voci del paese, si percepisce anche una speranza:
“Finché c’è qualcuno che lo ricorda, forse non tutto è perduto.”
La memoria condivisa può diventare la base per un nuovo inizio. Basta poco: una storia raccontata ai più giovani, un gesto simbolico, un piccolo ritorno.
San Giovanni può ancora essere un momento di unione, se scegliamo di renderlo tale.
Una festa che chiede ascolto
Oggi, nel giorno del Santo Patrono, Campobello di Licata riflette su sé stessa.
Non è solo una questione di folclore o devozione, ma di identità, cultura e appartenenza.
La festa di San Giovanni forse non è più quella di una volta. Ma i suoi segni vivono ancora, nel ricordo di chi l’ha vissuta, e nella voce di chi non vuole lasciarla morire.
E se anche un solo bambino, un giorno, sentirà raccontare che “San Giovanni era la festa più bella dell’anno”, forse, davvero, qualcosa tornerà a fiorire.